mercoledì 26 febbraio 2014

Tecnica di corsa - Analisi semiseria ed errori

Sin da quando iniziai a correre con un minimo di cognizione rimasi impressionato dalla leggerezza del gesto atletico dei corridori che osservavo nei canali di youtube. Internet è un mezzo potente, il solo cercare tecnica di corsa ti apre un mondo. A dir la verità poco se ne parla in Italia ma gli USA sono molto ben forniti sotto questo punto di vista, molti coach e dottori si sono interessati nella biomeccanica umana durante l'atto di correre e navigando si trova materiale che mostra e spiega la migliore tecnica per correre,

Pensandoci bene tutti gli sport hanno delle fondamenta nella tecnica. Si può saper nuotare, ma si paga per sapere come farlo al meglio. E idem per sport di squadra come calcio e basket o anche individuali come il tennis. La corsa è diventato uno sport popolare negli ultimi anni grazie alla sua apparente semplicità, dopotutto se vuoi mantenerti in forma infili la tuta e le scarpe e corri. Penso che il paradosso della semplicità della corsa sia la complessità dello strumento che si utilizza per farlo: la scarpa.
La scarpa è un invenzione relativamente recente nella storia dell'umanità se la si intende non come un capo per proteggere i piedi da basse temperature e oggetti appuntiti ma come un strumento atto a supportarne il movimento. Questa concezione di scarpa è una prerogativa dell'ultima quarantina di anni, infatti il boom delle moderne scarpe da corsa è merito della famosissima Nike che ha avuto l'abilità di crearsi la fetta di mercato dei corridori della domenica e di fornirgli subito lo strumento perfetto per poter correre senza doversi chiedere come si faccia.
In questo modo la stragrande maggioranza degli amatori utilizza scarpe che fanno il lavoro al posto del piede ammortizzando con spesse suole di gomma l'impatto generato ogni volta che il piede atterra durante la corsa, supportandone l'arco e impedendogli di pronare. Possiamo quindi affermare che le calzature protettive facciano il loro lavoro, ma ciò vuol dire che noi non facciamo a dovere il nostro.

Leonardo Da Vinci affermò che "Il piede umano è un capolavoro di ingegneria e un opera d'arte". L'evoluzione dell'uomo ha reso il suo apparato locomotore uno dei più efficienti nel regno animale rendendolo capace di viaggiare senza le A3 superammortizzate per milioni di anni. Da ciò si trae la conclusione che si può ottenere un ammortizzazione migliore di quella resa dalle scarpe solo dedicandosi alla forza e alla salute dei piedi.
Il piede assorbe gli urti tramite l'arco plantare che si appiattisce sotto il peso corporeo al contatto col terreno e la caviglia che si torce verso l'interno con un naturale movimento detto "pronazione". Le dita si allargano donando equilibrio e stabilità durante la fase statica della falcata. Un piede in grado di svolgere tale lavoro deve essere adeguatamente allenato, è proprio per questo motivo che gli atleti africani sono così abili nel correre essendo obbligati a percorrere sin da giovanissimi distanze ragguardevoli a piedi senza ausilio di supporti e ammortizzazione.
La scorciatoia è subito pronta: perchè rafforzare la muscolatura di piede e caviglia quando ci pensano le scarpe a fare il lavoro? Così facendo non si deve dedicare per forza parte dei propri allenamenti alla forza, ma ci si butta a capofitto nella corsa. Non voglio girare attorno a questioni di infortuni perchè il dato non è in mie mani, ma è importante capire che gli infortuni del corridore derivano frequentemente da una mancanza di forza negli arti inferiori e da una cattiva tecnica di corsa che carica eccessivamente le articolazioni.

Come autodidatta farò il punto sui miei errori e sui cambiamenti che ho cercato di apportare al mio stile per avere un gesto atletico più efficiente e una corsa meno traumatica. Naturalmente questa fase è un cantiere aperto, e dubito che mai si chiuderà...
Overstriding

- Falcata lunga: la falcata lunga è caratterizzata da un passo più lungo di quello che consente la velocità di corsa. In inglese il termie tecnico è "overstriding". Si nota che la gamba che sosterrà l'appoggio è tesa e il piede tocca terra più in avanti rispetto alla proiezione del ginocchio sul terreno. Il problema principale della falcata lunga sta nell'ammortizzazione dell'impatto che viene affidata al "tacco" della scarpa e alle articolazioni di caviglia, ginocchio e anca. Va da sè che una giuntura non è specificamente progettata per assorbire colpi ma per congiungere e permettere lo scorrimento di due o più ossa.

- Appoggio di retropiede: la fase di appoggio avviene con il tallone (in inglese "heel striking"). Appena prima di prendere contatto col terreno il piede in dorsiflessione punta verso l'alto. Questo è il problema che l'ammortizzazione delle scarpe tende a limare, e paradossalmente è stato creato dalla scarpa stessa che rende meno doloroso prendere contatto col terreno appoggiando il tallone. Ne consegue che la scarpa attutisce il dolore ma non l'impatto. Considerando i passi che si compiono durante allenamenti e gare, lascio indovinare il risultato... Il piede rimane a contatto con il terreno a lungo, e ciò è causa di
inefficienza e infortuni di vario genere.

Heel striking
- Cadenza: è strettamente correlata alla lunghezza del passo. La cadenza ottimale è di 180 passi al minuto e permette di ridurre la lunghezza della falcata stessa e di lasciare il piede il meno possibile a contatto con il terreno, stressando così molto meno la caviglia.

- Posizione del tronco: è necessario che non ci si pieghi all'altezza del bacino, infatti ciò sposterebbe il baricentro del corpo in avanti influenzando negativamente l'economicità della corsa.

Dopo mesi di sforzi qualche punto l'ho corretto, e presto parlerò della mia transizione al minimalismo. Sono convinto infatti che un buon modo per rendersi conto degli errori che si commettono sia eliminare almeno in parte gli artifizi delle scarpe ammortizzate.

A presto









martedì 25 febbraio 2014

I percorsi - Ciclabile del Ticino, Tornavento - Nosate - Vizzola Ticino

Ecco un ottimo percorso per passare un pò di tempo correndo su asfalto ma lontano dal traffico cittadino. L'itinerario della ciclabile del Ticino io lo inizio per comodità vicino al ponte di Oleggio, in localita La Castellana. La pista costeggia il canale Villoresi, si può proseguire verso Turbigo o verso Somma Lombardo e lasciatemi dire che correre vicino all'acqua che scorre da un perfetto senso di pace.
Si corre quindi su asfalto, la pista è frequentata da camminatori e ciclisti ma è comunque abbastanza spaziosa e pertanto nulla potrà infastidirvi.
Percorso ciclabile canale Villoresi - 21 km

Come punti negativi si nota la leggera pendenza della strada che dopo qualche km si fa sentire, vi consiglio per quanto possibile di stare a ridosso della linea gialla. Mancano inoltre delle fontanelle che potrebbero essere comode in caso di corse lunghe per non portarsi appresso le borracce.

Ecco un paio di immagini prese direttamente dalla loc. Castellana dove potrete trovare parcheggi un pò di fortuna ma comunque vicini al percorso.

Canale Villoresi - Loc. Castellana
Canale Villoresi - Loc. Castellana
Ciclabile Parco del Ticino - Nosate
Ciclabile Parco del Ticino - Nosate











 

Mi sono fissato di farmi un giro in mezzo ai vari anelli che passano tra i boschi intorno alla zona Malpensa - Cardano al Campo - Vizzola Ticino, spero che il tempo sia clemente per la prossima primavera in modo da poter recensirne qualcuno.

A presto

domenica 23 febbraio 2014

Allenamento, tabelle e mezza maratona

Nella mia mente di corridore amatoriale c'è un continuo rincorrersi di obiettivi, certe volte viaggiano insieme e altre tendono a scontrarsi.
Agli albori della mia "carriera", nel giugno 2012, non avevo ancora corso più di 400 metri su strada ma me la cavavo discretamente sul tappeto dove raggiungevo i 45 minuti. Diciamo che la primissima spinta mi fu data dal mio orgoglio quando dopo mesi di tappeto mi misurai per la prima volta con l'asfalto. Inutile dire che al durezza della nuova superficie mi segò le gambe dopo pochi minuti e tornai a casa barcollando sconfitto.
In fondo ritrovo, anche ora che sono più allenato, una buona dose di motivazione nelle sconfitte. Esse ti aprono gli occhi sulla fattibilità dei tuoi obiettivi a breve termine, permettono di conoscerti meglio sia a livello fisico che mentale e, soprattutto, danno una scossa a quell'orgoglio sopito che la vita spesso ti obbliga a nascondere.
Amatore in contemplazione
Insomma dopo la caduta mi rialzai con il solo intento di sconfiggere la forza di gravità con le mie gambe, e per questo adoperai un programma di allenamento. Il programma di allenamento dell'amatore è una pergamena mistica redatta da un qualcuno che veramente se ne intende e di fronte alla quale il podista recita preghiere e invoca la danza del kilometraggio.

La prima tabella resta sempre nel cuore, è semplice come una vignetta di Snoopy. Ti impegna al massimo una mezz'ora ad allenamento a ritmo rilassato e tranquillo, ma il tranello sta nel miglioramento che ne consegue senza che tu te ne renda conto. Tutto d'un tratto guardi l'orologio e ti rendi conto che dopo un paio di mesi da quando hai iniziato corri quasi 50 minuti senza mai fermarti. Ed è questo il momento nel quale realizzi che correre è molto più di un modo per perdere i kg in più sulla pancia.
La tabella dopo l'elementare "corri e cammina" si trasforma in un indecifrabile codice comprensibile solo a te e ai tuoi simili. Ogni esterno rimane un pò di stucco sentendo che martedì sera correrai "10 km PR - 5 km CL + 3Km CM + 2 Km VR", come se gli avessi messo di fronte una di quei tanto complessi sistemi con 3 incognite che alle superiori ti facevano gelare il sangue. Ma tu pensi, supportato dagli attrezzi tecnologicamente avanzati che ti scarrozzi dietro ogni uscita, "va beh un normalissimo progressivo".

Bando ai tecnicismi, ho nel mirino una mezza maratona. 21097 metri a Milano il prossimo 23 Marzo, la Stramilano ha un fascino particolare perché corri libero per un paio d'ore in una città dove sei abituato a sgusciare nel traffico e bestemmiare per un parcheggio. E correre 21 e passa km necessita, naturalmente, una fantastica tabella. Purtroppo avevo in mente altro per questa esperienza, ma due settimane di stop mi hanno fatto variare su un ottima tabella opera di Massini e scaricabile su questo link.
È una programmazione che carica come kilometraggio alcune settimane, ma gestisce gli allenamenti in modo molto intelligente.
Ritornando agli obiettivi di cui parlavo sopra, in testa mi vaga un esordio in mezza maratona in 1h40'. L'obiettivo è pretenzioso ma le gare, si sa, tirano fuori delle energie che non ci si immagina di avere.
Chiudendo il post posso invitare voi lettori a rimanere collegati per gli aggiornamenti sui prossimi allenamenti.

giovedì 20 febbraio 2014

Eat and Run: My Unlikely Journey to Ultramarathon Greatness - Scott Jurek

Arrivato oggi bello nuovo nuovo impacchettato direttamente dalle Americhe, mi ispira curiosità conoscere la storia di un ultramaratoneta di questi livelli. Anche perchè lui di Running Flow se ne intende veramente!
Ai tempi lessi Born to Run di Chris Mc Dougall, e questo libro mi portò alla conoscenza di questi supereroi della normalità che riescono a fare della propria mente l'arma vincente per affrontare gare fisicamente estenuanti.
L'impresa di Jurek che di più mi ha colpito è sicuramente l'aver vinto nel 2005 la Badwater Ultra, 135 miglia (217 Km) nella Death Valley californiana correndo a temperature medie di 40°C. Il ragazzo, all'esordio in questa competizione, è riuscito a vincere la gara  dopo essere uscito da una crisi al miglio 70 ha corso le restanti 65 con una forza di volontà che stento a giudicare umana
A presto con la recensione completa.

mercoledì 19 febbraio 2014

Iniziando

È ora di iniziare, non sono mai stato bravo con gli inizi... Nei temi alle medie mi beccavo solo occhiate di pietà. 
Ma i tempi sono cambiati, e inizierò parlando di quel che amo fare.

Sono un corridore, un podista che la Domenica mattina si sveglia e senza alcun motivo apparente si veste da semaforo e girovaga senza meta inzuppandosi i piedi in pozzanghere fangose per tutto il tempo che le gambe gli consentono. Spesso e volentieri i non addetti ai lavori giudicano pazzo colui che si sottopone questa sorta di atto "masochistico" sottraendosi a un paio d'ore di sonno e a una colazione reale, e questi profani spesso sono assimilati agli stessi corridori per una cosa:
non si pongono mai la fatidica domanda "MA PERCHE'?"

Il perché può apparire semplice, "Perché mi piace". Ma anche il gelato piace, ma non ti verrebbe mai in mente di andare in piazza a prendere un gelato con -3°C o una velata pioggerellina invernale.
Invece scopri di essere capace di svegliarti alle sei di mattina e buttarti sulla strada ghiacciata per allenarti. La corsa ti entra nel sangue, il cervello brama endorfine tanto quanto lo stomaco si contorce per la fame. 
Corri perché non puoi farne a meno, mettere un piede davanti un altro non è più semplice "mantenere la forma" ma un riflesso del tuo subconscio. 

Ecco, io mi colloco più o meno qui, nel punto di non ritorno. E questo diario servirà a incanalare tutti i miei vagheggiamenti su questa stupenda necessità.