Pensandoci bene tutti gli sport hanno delle fondamenta nella tecnica. Si può saper nuotare, ma si paga per sapere come farlo al meglio. E idem per sport di squadra come calcio e basket o anche individuali come il tennis. La corsa è diventato uno sport popolare negli ultimi anni grazie alla sua apparente semplicità, dopotutto se vuoi mantenerti in forma infili la tuta e le scarpe e corri. Penso che il paradosso della semplicità della corsa sia la complessità dello strumento che si utilizza per farlo: la scarpa.
La scarpa è un invenzione relativamente recente nella storia dell'umanità se la si intende non come un capo per proteggere i piedi da basse temperature e oggetti appuntiti ma come un strumento atto a supportarne il movimento. Questa concezione di scarpa è una prerogativa dell'ultima quarantina di anni, infatti il boom delle moderne scarpe da corsa è merito della famosissima Nike che ha avuto l'abilità di crearsi la fetta di mercato dei corridori della domenica e di fornirgli subito lo strumento perfetto per poter correre senza doversi chiedere come si faccia.
In questo modo la stragrande maggioranza degli amatori utilizza scarpe che fanno il lavoro al posto del piede ammortizzando con spesse suole di gomma l'impatto generato ogni volta che il piede atterra durante la corsa, supportandone l'arco e impedendogli di pronare. Possiamo quindi affermare che le calzature protettive facciano il loro lavoro, ma ciò vuol dire che noi non facciamo a dovere il nostro.
Leonardo Da Vinci affermò che "Il piede umano è un capolavoro di ingegneria e un opera d'arte". L'evoluzione dell'uomo ha reso il suo apparato locomotore uno dei più efficienti nel regno animale rendendolo capace di viaggiare senza le A3 superammortizzate per milioni di anni. Da ciò si trae la conclusione che si può ottenere un ammortizzazione migliore di quella resa dalle scarpe solo dedicandosi alla forza e alla salute dei piedi.
Il piede assorbe gli urti tramite l'arco plantare che si appiattisce sotto il peso corporeo al contatto col terreno e la caviglia che si torce verso l'interno con un naturale movimento detto "pronazione". Le dita si allargano donando equilibrio e stabilità durante la fase statica della falcata. Un piede in grado di svolgere tale lavoro deve essere adeguatamente allenato, è proprio per questo motivo che gli atleti africani sono così abili nel correre essendo obbligati a percorrere sin da giovanissimi distanze ragguardevoli a piedi senza ausilio di supporti e ammortizzazione.
La scorciatoia è subito pronta: perchè rafforzare la muscolatura di piede e caviglia quando ci pensano le scarpe a fare il lavoro? Così facendo non si deve dedicare per forza parte dei propri allenamenti alla forza, ma ci si butta a capofitto nella corsa. Non voglio girare attorno a questioni di infortuni perchè il dato non è in mie mani, ma è importante capire che gli infortuni del corridore derivano frequentemente da una mancanza di forza negli arti inferiori e da una cattiva tecnica di corsa che carica eccessivamente le articolazioni.
Come autodidatta farò il punto sui miei errori e sui cambiamenti che ho cercato di apportare al mio stile per avere un gesto atletico più efficiente e una corsa meno traumatica. Naturalmente questa fase è un cantiere aperto, e dubito che mai si chiuderà...
Overstriding |
- Falcata lunga: la falcata lunga è caratterizzata da un passo più lungo di quello che consente la velocità di corsa. In inglese il termie tecnico è "overstriding". Si nota che la gamba che sosterrà l'appoggio è tesa e il piede tocca terra più in avanti rispetto alla proiezione del ginocchio sul terreno. Il problema principale della falcata lunga sta nell'ammortizzazione dell'impatto che viene affidata al "tacco" della scarpa e alle articolazioni di caviglia, ginocchio e anca. Va da sè che una giuntura non è specificamente progettata per assorbire colpi ma per congiungere e permettere lo scorrimento di due o più ossa.
- Appoggio di retropiede: la fase di appoggio avviene con il tallone (in inglese "heel striking"). Appena prima di prendere contatto col terreno il piede in dorsiflessione punta verso l'alto. Questo è il problema che l'ammortizzazione delle scarpe tende a limare, e paradossalmente è stato creato dalla scarpa stessa che rende meno doloroso prendere contatto col terreno appoggiando il tallone. Ne consegue che la scarpa attutisce il dolore ma non l'impatto. Considerando i passi che si compiono durante allenamenti e gare, lascio indovinare il risultato... Il piede rimane a contatto con il terreno a lungo, e ciò è causa di
inefficienza e infortuni di vario genere.
Heel striking |
- Posizione del tronco: è necessario che non ci si pieghi all'altezza del bacino, infatti ciò sposterebbe il baricentro del corpo in avanti influenzando negativamente l'economicità della corsa.
Dopo mesi di sforzi qualche punto l'ho corretto, e presto parlerò della mia transizione al minimalismo. Sono convinto infatti che un buon modo per rendersi conto degli errori che si commettono sia eliminare almeno in parte gli artifizi delle scarpe ammortizzate.
A presto